Cronichon di don Antonio Banfi

Da 1912 al 1953 don Antonio Banfi  ha scritto minuziosamente la cronologia di tutte le funzioni liturgiche celebrate corredandole di note personali e facendo riferimento ai fatti di portata nazionale e mondiale.

Nel frontespizio del primo libro ha steso una sintesi della storia della Parrocchia che poi ha sviluppato in un testo  più ampio. Quello che pubblichiamo è una trascrizione rielaborata del suo lavoro.

 

 

Pagina Cronicon

 

Don Antonio cerca di ricostruire la storia della comunità di Gerenzano attraverso lunghe e minuziose ricerche negli archivi milanesi, poiché molti sono i documenti dispersi nel nostro archivio parrocchiale e altri conservati nell'archivio arcivescovile sono stati distrutti da un incendio poco prima dell'arrivo di S. Carlo. Tuttavia le poche fonti raccolte testimoniano una forte vita religiosa e civile fin dal Medioevo. Un Atto del 1095 ci informa che nel borgo di Gerenzano risiedeva un prete Ariberto di Arcisate e che la chiesa dipendeva dalla chiesa plebana di Appiano.

Un altro documento del 1174, purtroppo disperso nella sua interezza (rimane il riassunto), attesta che il Monastero di S. Pietro in Ciel d'Oro a Pavia cedette a certi Rainerio ed Orico "cause e cose che l'Abate teneva in Gerenzano e Corte, eccettuata la chiesa di S. Martino". Quindi questo ci testimonia che oltre la chiesa plebana esisteva nel nostro paese quella di S. Martino, molto importante, poiché vi risiedevano più chierici e con una certa rendita, e dipendente dal Monastero di Pavia.

 

 

Nel 1283 un'altra fonte sempre ci conferma l'importanza che mantiene il nostro borgo perché titolare di una Canonica con almeno cinque canonici officianti ma non sempre risiedenti. Ma dobbiamo arrivare intorno al 1300 per scoprire dal "Liber Notitiae Sanctorum" che le chiese in Gerenzano erano quattro: S. Pietro e S. Paolo, la Canonica; S. Nazaro; S. Vittore; Santi Martino e Brizio, quest'ultimo festeggiato il 13 Novembre. Probabilmente data la piccolezza del nostro borgo queste chiese non erano né vaste né ricche, mentre la Canonica sia per la sua importanza sia per i canonici che vi officiavano doveva essere ampia e decorosa.

Tuttavia tutte erano sostenute dalla generosità e dalle decime dei parrocchiani. Sempre la stessa fonte del 1300 ci informa che a Gerenzano si celebrava con solennità la festa di S. Clemente e che nella Canonica vi erano gli altari di S. Caterina, di S. Giovanni Battista e di S. Zenone. Nella chiesa di S. Vittore vi erano invece le cappelle dedicate a S. Maria e a S. Naborre, santo ora meno conosciuto e venerato.

Possiamo ritrovare ancora informazioni sulla Canonica di Gerenzano e sulle Cappelle dipendenti su un altro importante testo del 1398, "Notitiae Cleri Mediolanensis de anno 1398" . Si tratta di un resoconto delle tasse ecclesiastiche pagate da tutto il clero della vasta Diocesi Ambrosiana e quindi ci da' un'idea dello stato del clero, del suo reddito e del numero di chiese e cappelle. Ora questo elenco del 1398 ci informa che il Prevosto del nostro paese aveva un imponibile di Lire 13, Soldi 8, Denari 15; sono somme di un certo valore per quell'epoca dove la moneta era assai rara e al confronto con le cifre delle altre chiese lombarde risulta che la Parrocchia di Gerenzano era fra le più ricche.

 

A partire dal 1500 vennero poi fondate delle chiese minori o cappelle volute da nobili famiglie residenti nel territorio o proprietari di terreni e benefici. Un esempio di chiesa minore è la Chiesa di San Giacomo costruita nel 1512 dai marchesi Fagnani, che su questo borgo tra il XV e il XVI secolo estesero il loro dominio. Anche le visite pastorali di San Carlo Borromeo, nel 1574 e successivamente fino al 1747, attestano un uso privato da parte della famiglia Fagnani che ne ebbe sempre cura meticolosa.

 

Successivamente nell'anno 1527 vi fu la fondazione della Cappellania di S. Stefano grazie alla generosità del patrizio milanese Don Giovanni Crivelli, che riservò alla sua famiglia il patronato e la cura. Un documento del 5 Novembre 1566 tuttavia ci da' notizie poco confortanti sullo stato della chiesa parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo, poiché non si facevano più lavori ed era "consunta dall'antichità".

Inoltre fuori dal paese , nei campi, vi era una cappella anch'essa antica e diroccata, dedicata a S. Vittore ed un altro Oratorio intitolato a S. Antonio lasciato senza cura: entrambi non avevano redditi. Erano quelli gli anni dalla Riforma Luterana e come racconta Don Antonio Banfi " tempi tristi per l'immoralità dilagante, per l'indifferenza religiosa, per la grande miseria ed ignoranza del popolo, per la povertà del clero e della Chiesa".

 

 

"Ma sorse, inviata da Dio, una luce improvvisa nella Diocesi milanese, S. Carlo Borromeo". Questo grande riformatore della Chiesa si mostrò subito come un Pastore infaticabile della sua Diocesi e iniziò ad incontrare tutti i fedeli nelle loro chiese e cappelle. Nel 1567 egli visitò anche la nostra parrocchia, volle essere informato di ogni cosa, e trovò quasi abbandonata e cadente la Canonica e freddo e ignorante il popolo verso la fede. Ecco allora che fondò la Congregazione della Dottrina Cristiana perché i ragazzi, tolti dalla strada, potessero formarsi una sana coscienza cattolica ed apprendere i fondamenti della fede.

Ma S. Carlo pensò anche agli adulti ed istituì la Confraternita del Santissimo Sacramento che ebbe subito grandi frutti nella santità religiosa; infatti soli due anni dopo i Gerenzanesi scrivevano al loro Cardinale perché obbligasse i canonici a risiedere nella Canonica per officiare sempre la S. Messa e poter fare "la scuola ai ragazzi". Questa è sicuramente una note di merito, poiché Gerenzano fu uno fra i primi centri rurali ad avere una scuola elementare di campagna, di stampo cattolico.

S. Carlo venne ancora nella nostra parrocchia nel 1570 e ritrovò una comunità rinforzata nella fede, poiché su settecento abitanti 418 ricevevano la S. Eucaristia, giovani e adulti frequentavano la Dottrina Cristiana e tutti partecipavano alle funzioni.

In questo documento viene descritta, inoltre, in modo dettagliato la chiesa di S. Pietro e Paolo; aveva quattro navate, la maggiore con il tetto di legno, a cassettoni ornati, una verso sud e le altre due verso nord; due porte si aprivano sulla facciata ad ovest e una ad est. Queste notizie ci fanno dedurre che l'antica chiesa romanica a tre navate era stata modificata e ampliata, ma soprattutto era stata invertita la posizione della chiesa, infatti tutte le basiliche romaniche erano rivolte a oriente e non ad occidente, ed anche la disposizione degli altari.

La chiesa era dominata da un campanile con due campane e all'interno oltre l'altare maggiore vi erano quello di S. Stefano, voluto dalla famiglia Crivelli, quello di S. Zenone e uno molto decorato dedicato a S. Caterina. Il cimitero era adiacente alla chiesa ad ovest recinto da un muro senza cancello. Ma un'altra notizia molto interessante, che testimonia ancora una volta la ricchezza della nostra parrocchia, è l'esistenza di una biblioteca e l'elenco dei molti libri posseduti.

Il Santo Arcivescovo era comunque infaticabile e visitò la nostra comunità altre tre volte e precisamente nel 1574, nel 1579 e nel 1583. In tutte le visite pastorali egli si compiace dello spirito religioso dei Gerenzanesi, dei loro pellegrinaggi, ad esempio a S. Maria del Monte e al Santuario di S. Rocco a Bregnano, dei numerosi aderenti alla Dottrina Cristiana e alle confraternite. Ed ancora fornisce indicazioni precise riguardo al restauro degli altari e delle cappelle, sulla costruzione e l'allestimento della cappella del Battistero, sul tipo di addobbo e arredamento della "Casa del Signore". Infine possiamo scoprire in questi documenti che S. Carlo autorizza l'abbattimento della Cappella di S. Ambrogio e di quella di S. Vittore, ormai decadenti e abbandonate, mentre la chiesa di S. Martino non esisteva più da molto tempo, e ordina poi che nella chiesa campestre di S. Antonio non si celebri più. Tutto ciò ci testimonia l'amore e la cura di questo grande santo per la sua vasta diocesi. La visita successiva fu effettuata da un delegato del cardinale Federico Borromeo nel 1596 ed è anch'essa altrettanto dettagliata sui lavori da svolgere nella canonica, sulle indicazioni liturgiche e nella cura delle anime.

Citiamo solo alcuni riferimenti: "vi sono quattro altari, il maggiore verso oriente di pietra e ben ornato, e poi l'altare di S. Caterina e quello di S. Zenone, al quale rimane legata la famiglia Crivelli. Nella chiesetta di S. Giacomo c'è un altare con le reliquie di S. Eustorgio e una reliquia delle Vesti del Salvatore". Quindi questa relazione ci conferma la devozione dei parrocchiani e la loro attenzione e premura nei confronti delle chiese esistenti. Nel 1605 la chiesa di S. Pietro e Paolo ebbe l'onore di ricevere il Cardinale Federico e questi, con la stessa attenzione del cugino santo, prescrive indicazioni sul mantenimento degli altari dedicati a S. Caterina, a S. Zenone e S. Stefano e circa la recente costruzione della Cappella della B. V. del Rosario, sporgente in fuori verso la casa prepositurale. Anche la chiesa di S. Giacomo venne visitata e si precisò che venisse celebrata la Messa quotidiana con le offerte dei Marchesi Fagnani.

Soprattutto il Cardinale si compiace dell'abitudine del popolo di Gerenzano di recarsi in pellegrinaggio il primo sabato di ottobre al Sacro Monte di Varese ed incita la comunità a continuare. Fino al 1639 non vi fu alcuna visita pastorale e l'attuale arcivescovo Monti troverà una parrocchia più povera e provata dalla recente peste, quella descritta da Manzoni. Quindi non tutti i lavori erano stati fatti ma nella cappella del Santo Rosario, terminata dopo la vittoria di Lepanto sui Turchi, si celebrava la S. Messa ogni prima domenica del mese e si faceva la processione dopo i Vespri. Il porporato chiedeva poi, appena il periodo di miseria sarà stato superato, di affrescare la volta della Cappella centrale con la scena del Martirio di Santi Pietro e Paolo, ai quali è dedicata la chiesa.

La visita del 1706 rileva notevoli modifiche poiché la chiesa non si chiama più Canonica ma Prepositurale e la struttura molto antica viene detta restaurata di recente. Gli altari ora sono sette, il maggiore e "tre dal lato dell'Epistola e tre dal lato dell'Evangelo", cioè S. Maria del Rosario, S. Caterina e S. Stefano e sull'altro lato S. Antonio, S. Giuseppe più recente e una volta del Crocefisso, e S. Carlo. Sono censite molte reliquie, custodite con molto rispetto e amore, e inoltre la chiesa possedeva quattro grandi busti di vescovi, di rame lavorato a mano ed argentato, tre grandi messali ambrosiani sontuosamente legati e molti stendardi e paramenti. La chiesa dunque è ricca, maestosa ed abbellita, amata dal clero e dal popolo, specchio di fede e devozione: Testimonianza di tutto ciò sono i devoti pellegrinaggi al Santuario di S. Maria del Monte e, la prima domenica di maggio, al Santuario della Madonna dei Miracoli a Saronno.

Nuove informazioni sullo stato della chiesa e la cura delle anime le abbiamo dalla visita del 1734 dove si prescrive che l'antico tabernacolo dell'altare maggiore sia rivestito da un drappo di seta rossa. La particolarità sta nel fatto che questo si trova, secondo la forma più antica, in una posizione laterale, a testimonianza dell'origini lontane della nostra parrocchiale. Di nuovo nel documento si descrivono le varie reliquie e soprattutto "una particola della Santa Croce, autenticata dalla Cancellerie Arcivescovile nel 1717". Questi oggetti così preziosi, veri capolavori dell'arte settecentesca, ci raccontano di una forte religiosità del popolo in un'epoca dove si affacciavano le idee del materialismo e della Rivoluzione Francese.

 

L'ultima visita presa in esame da don Antonio Banfi è del 1747 ad opera del Cardinale Visconti. Egli interrogò i parrocchiani sui fondamenti della fede cristiana e sui Sacramenti e constatò una buona cultura religiosa così come poté verificare una numerosa partecipazione alla Confraternita del SS. Sacramento.

Il campanile aveva tre campane e, meraviglia per quei tempi, un perfetto orologio. Il visitatore ordinò poi di spianare il cimitero davanti al vestibolo della chiesa e di erigervi una colonna sormontata da una croce. Egli annotò inoltre che i restauri della chiesa non erano ancora terminati, ma la struttura architettonica della facciata era elegante e vi si vedevano le immagini dei Santi Pietro e Paolo.

 

 

Don Antonio conclude questa storia di Gerenzano, attraverso l'esame dei verbali delle visite episcopali, con la lieta constatazione di quante "grazie e celeste benedizioni Iddio abbia elargito nei secoli a questo piccolo gregge, che fu sempre divoto e pio, fedele alle tradizioni di bontà, di carità, di onestà, di pietà che non vennero e, speriamo, non verranno mai meno".