Ancora oggi si possono incontrare gruppi e associazioni che con i loro nomi ci riportano ad un’antica tradizione secolare: confraternite del SS. Sacramento, confraternite del Rosario o intitolate a diversi santi e patroni. Esistono non solo nelle piccole parrocchie ma anche nelle grandi città e intervengono per accompagnare solenni processioni o si impegnano in enti ed associazioni assistenziali.

Le confraternite sono state uno dei pilastri della vita della nostra società e hanno permesso al cristianesimo di radicarsi nel vissuto quotidiano dei popoli di tutta l’Europa. La comunità  dei cristiani era già nella sua prima radice una fraternità.

Questo legame solidale prende esempio dal corpo, un insieme di tante parti distinte le une dalle altre, ma chiamato a fondersi in una sola sinfonia. E alla base del vincolo di unità, su cui si costruiva la rete delle confraternite cristiane, vi era proprio l’aiuto vicendevole per superare le prove decisive dell’esistenza come la malattia e la morte. La confraternita era essenzialmente un patto di mutuo sostegno, regolato da precisi obblighi reciproci, per il bene e la felicità dei singoli fedeli. Ci si stringeva ad essa perché da soli non ci si poteva salvare ed era molto più facile soccombere.

Ingredienti irrinunciabili di ogni confraternita erano le preghiere, a volte anche l’elemosina materiale per i fratelli infermi, la partecipazione ai funerali e ai riti della sepoltura, le messe di suffragio per i defunti rinnovate fedelmente nel tempo, l’accumulo di meriti spirituali attraverso le indulgenze e le pratiche di penitenza.. Si stringono dunque legami di natura spirituale  e in molti casi di concretissima amicizia. I confratelli e le consorelle vivono così un’esperienza di condivisione.

La Confraternita del Santo Rosario

La devozione, per lasciare una traccia nel cuore della persona, deve farsi essenziale; deve insistere su parole e motivi ripetuti, semplici, coinvolgenti. Più si radica nella coscienza popolare, più si avvicina alla forma di litania: diventa un ritmo, una musica di parole che danna forma al dialogo tra l’uomo e Dio. Fin dal Medioevo i maestri di pietà proposero con crescente successo modelli di pratiche pie basate sulla ripetizione di facili preghiere vocali combinate tra loro secondo schemi numerici simbolici con il numero tre o cinque o sette. Si affermò così la tendenza di fare della preghiera dei fedeli una “corona” di omaggi alle creature del cielo e inserire in questo modo la persona dentro una unità più grande.

Si sfociò così nella fissazione del Rosario della Vergine Maria: tre cicli di Avemarie intervallate ogni dieci dal Padre nostro, concepiti in funzione della trafila dei “misteri” fondamentali (gaudiosi, dolorosi, gloriosi) della storia cristiana.

La devozione della recita del rosario, chiamato anche ‘Salterio’, ebbe larga diffusione per la facilità con cui si poteva pregare; fu chiamato il Vangelo dei poveri, che in massima parte non sapevano leggere, perché dava il modo di poter pregare e nello stesso tempo meditare i misteri cristiani, senza la necessità di leggere un testo.

Tale formula del Santo Rosario venne messa a punto nell’ordine domenicano e dall’Europa del nord si trasmise in tutta l’Europa cristiana. Infatti l’idea di fondare una Confraternita universale del Rosario fu lanciata negli anni tra il1464 e il 1468 in Fiandra, poi in Olanda e in Sassonia dal domenicano bretone Alano de la Roche;  la più antica fra le confraternite del Rosario, alla quale si iscrisse lo stesso imperatore Federico III con tutta la sua corte, sorse a Colonia nel 1475  e da lì attraverso la rete dei monasteri domenicani gettò nuove basi a Venezia (1480), a Firenze e a Roma (1481). [2]

Ma la devozione mariana esplode veramente in Italia nel tardo ‘500, sulla scia delle disposizioni di Papa Pio V e di Gregorio XIII, tanto che la fondazione di confraternite viene raccomandata dal capitolo dei domenicani del 1571.[3]

Nuove istruzioni verranno poi emanate nel 1604 da Papa Clemente VIII con la costituzione Quaecumque per limitare addirittura la compresenza di più confraternite dello stesso tipo nel medesimo luogo.[4]

Il 12 settembre 1897, il Papa Leone XIII emana l’enciclica sulla Confraternita del Rosario  “AugustissimaeVirginis.[5]

  • Origini della Festa della Madonna del Rosario.

Alla protezione della Vergine del Rosario, fu attribuita la vittoria della flotta cristiana sui turchi musulmani, avvenuta a Lepanto nel 1571 e ottenuta grazie alle “orationi dei fedeli della Compagnia del Santissimo Rosario”.

A seguito di ciò, il papa S. Pio V (1504-1572), istituì dal 1572 la festa del Santo Rosario, alla prima domenica di ottobre, che poi dal 1913 è stata spostata al 7 ottobre.

Fu infatti il papa san Pio V, preoccupato delle mire geopolitiche dei turchi, a promuovere la «Lega Santa» dei principi cristiani contro la mezzaluna, unendosi in alleanza con Genova, Venezia e Spagna.

Fu così che le forze navali della Lega si scontrarono, il 7 ottobre 1571, con la flotta ottomana nelle acque al largo di Lepanto, riportando una memorabile vittoria, che si verificò grazie, soprattutto, alla crociata di Rosari che erano stati recitati per ottenere l’aiuto divino.

La vittoria venne comunicata “in tempo reale”: Pio V ebbe, infatti, una visione, dove vide cori di Angeli intorno al trono della Beata Vergine che teneva in braccio il Bambino Gesù e in mano la Corona del Rosario. Dopo l’evento prodigioso – era mezzogiorno – il Papa diede ordine che tutte le campane di Roma suonassero a festa e da quel giorno viene recitato l’Angelus a quell’ora. Due giorni dopo un messaggero portò la notizia dell’avvenuto trionfo delle forze cristiane.

Il 7 ottobre del 1572 venne celebrato il primo anniversario della vittoria di Lepanto con l’istituzione della «Festa di Santa Maria della Vittoria», successivamente trasformata nella «Festa del Santissimo Rosario».

La Madonna del Rosario ebbe nei secoli una vasta gamma di raffigurazioni artistiche, quadri, affreschi, statue, di solito seduta in trono con il Bambino in braccio, in atto di mostrare o dare corone di fiori, soprattutto rose; la più conosciuta è quella in cui si vede la corona data a S. Caterina da Siena e a S. Domenico Guzman, inginocchiati ai lati del trono.

Essendo uno dei soggetti iconografici più rappresentati nella tradizione cattolica, la Madonna del Rosario è quasi sempre accompagnata dal Bambino Gesù, spesso venerata da alcuni santi domenicani che accolgono dalle sue mani (o da quelle del Bambino) la corona del Rosario.

I santi domenicani che ricorrono più di frequente ai piedi e intorno alla Vergine sono San Domenico, Santa Caterina da Siena e Santa Rosa da Lima. [6]

  • La Confraternita del Santo Rosario in Lombardia.

In Lombardia il culto mariano si salda strettamente alla lotta contro l’eresia protestante, un tema particolarmente sentito nelle vallate più settentrionali della regione come la Valtellina o l’alto lago di Como.
Un altro grande protagonista della Controriforma dopo il concilio di Trento fu san Carlo Borromeo nella diocesi di Milano.

San Carlo infatti volle fare delle confraternite consacrate all’eucaristia il pilastro portante di ogni comunità parrocchiale divenendo un’istituzione obbligatoria e di massa;  così le antiche confraternite del Corpo di Cristo furono ribattezzate “del SS. Sacramento”e sono sopravvissute fino ai nostri giorni. Rafforzò il primato e l’unità della parrocchia e lo saldò con la diffusione delle scuole della Dottrina cristiana per l’insegnamento del catechismo, svolto in chiesa alla domenica. Ma soprattutto fu cura del santo  visitare una ad una tutte le sue parrocchie e stendere una relazione dettagliata delle sue visite.

Da ultimo si preoccupò anche dell’istituzione delle confraternite del Rosario, la prima nel duomo di Milano, “matrice” delle altre chiese, con la lettera pastorale del 25 marzo 1584. Questa compagnia si affiancò subito a quella già presente del Sacramento e come per quest’ultima subito vennero edificate nuovi altari e cappelle

Il culto per il S. Rosario ebbe un’ulteriore diffusione dopo le apparizioni di Lourdes del 1858, dove la Vergine raccomandò la pratica di questa devozione.[7]

  1. MADONNA IMMACOLATA.

L'Immacolata Concezione di Maria è stata proclamata nel 1854, dal Papa Pio IX. Ma la storia della devozione per Maria Immacolata è molto più antica. Precede di secoli, anzi di millenni, la proclamazione del dogma che come sempre non ha introdotto una novità, ma ha semplicemente coronato una lunghissima tradizione.

Dal 1476, la festa della Concezione di Maria venne introdotta nel Calendario romano.

Nel 1830, la Vergine apparve a Santa Caterina Labouré, la quale diffuse poi una " medaglia miracolosa " con l'immagine dell'Immacolata, cioè della " concepita senza peccato ". Questa medaglia suscitò un'intensa devozione, e molti Vescovi chiesero a Roma la definizione di quel dogma che ormai era nel cuore di quasi tutti i cristiani.
Così, l'8 dicembre 1854, Pio IX proclamava la " donna vestita di sole " esente dal peccato originale, tutta pura, cioè Immacolata.
Fu un atto di grande fede e di estremo coraggio, che suscitò gioia tra i fedeli della Madonna, e indignazione tra i nemici del Cristianesimo, perché il dogma dell'Immacolata era una diretta smentita dei naturalisti e dei materialisti.
Ma quattro anni dopo, le apparizioni di Lourdes apparvero una prodigiosa conferma del dogma che aveva proclamato la Vergine " tutta bella ", " piena di grazia " e priva di ogni macchia del peccato originale. Una conferma che sembrò un ringraziamento, per l'abbondanza di grazie che dal cuore dell'Immacolata piovvero sull'umanità.[1]

  1. CONFRATERNITE A GERENZANO.

 

  • Confraternita del SS. Sacramento a Gerenzano.

La confraternita del Santissimo Sacramento, fondata nella chiesa parrocchiale dei Santi apostoli Pietro e Paolo il 7 dicembre 1642, venne censita nel 1747 durante la visita pastorale dell’arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli nella pieve di Appiano Gentile.[1]

Il 9 maggio 1818 il parroco e la fabbriceria della Parrocchia di Gerenzano in una supplica rimessa al Mons. Vicario Capitolare di Milano “implorano di poter rendere pubblico un piccolo oratorio eretto colle oblazioni di alcuni divoti in un angolo del piazzale di questa chiesa parrocchiale”. Nel documento si spiega che “è stato eretto un piccolo locale in forma di oratorio in angolo del piazzale e che ha immediata comunicazione colla detta chiesa e ciò per uso e comodo anche di quella confraternita, e domandano ora di potervi erigere un altare, rendendo pubblico il detto oratorio”; più avanti si conclude ripetendo che l’oratorio era stato eretto ad “uso e comodo della confraternita del Santissimo”.[2]

Tale oratorio diventerà poi l’attuale cappella del Rosario.

  • Confraternita del Rosario a Gerenzano.

La fonte più certa della sua esistenza fin dal 1600 è un editto del Regno Lombardo Veneto del 1846, nell’Archivio di Stato di Milano, che denuncia “vacante il beneficio ecclesiastico eretto all’altare della Beata Vergine del Rosario nella chiesa parrocchiale di Gerenzano dal fu sacerdote Matteo Guzzetti mediante un suo testamento dell’anno 1697,e posteriore codicillo dell’anno 1704, di patronato attivo dei suoi eredi, e passivo dei discendenti della famiglia del fondatore sacerdote Guzzetti, sia in linea mascolina che femminina.”

Esiste poi nell’Archivio Parrocchiale tutta una vasta cartella, Fondo VI – Culto – Legato Guzzetti, contenente una serie di attestazioni di terreni, case,beni di diverso genere donati all’altare della Beata Vergine del Rosario e quindi concessi in beneficio al sacerdote Guzzettidal 1655 al 1867. ??

Tutto questo ci testimonia l’importanza dell’altare e poi quindi della cappella e della confraternita, che vedremo sorgeranno, ma soprattutto l’esistenza per il suddetto altare di un diritto di giuspatronato, ossia un istituto giuridico di diritto canonico molto comune, sorto già in epoca medioevale,che consisteva in una serie di privilegi e oneri attribuiti, per disposizione dell’autorità ecclesiastica, ai fondatori di chiese o cappelle e ai loro eredi.

Nella nostra parrocchiale di questo diritto si avvalevano anche altri altari, come quello di <s. Caterina, la cappella di S. Stefano, la cappella di S. Carlo e l’Oratorio di S. Giacomo.

Tuttavia l’editto pubblicato durante il dominio asburgico in Lombardia ci dice di un intervento sempre più diretto del potere politico nelle questioni ecclesiastiche; con l’imperatrice Maria Teresa d’Austria venne introdotto il catasto di tutte le proprietà, anche quelle della Chiesa, e poi con il figlio Giuseppe II, nel 1783, si arrivò persino all’assenso regio per il possesso di benefici ecclesiastici e nel 1784 venne imposto ai vescovi il giuramento di omaggio e fedeltà al sovrano. Solo in nostro arcivescovo di Milano,Pozzobonelli, seppe tenere testa all’imperatore e si oppose con forza ad un catechismo governativo e alla soppressione di diverse parrocchie della diocesi. Questa ingerenza dello Stato proseguì  con il dominio napoleonico all’inizio dell’Ottocento fino alla vigilia del Risorgimento con una forte invadenza nella gestione del patrimonio ecclesiastico e dei benefici vacanti, come il nostro dell’altare della Madonna del Rosario. [3]

Il documento sicuramente più importante, ma anche emozionante perché ci racconta della devozione popolare, è il fascicolo che racchiude l’istituzione della Confraternita del Rosario a Gerenzano del 1747 dopo la visita pastorale dell’arcivescovo Pozzobonelli.[4]

  1. LA MADONNA NELLA CHIESA DI GERENZANO.

 

  • Visita pastorale del 1579 e l’immagine della Madonna.

Della visita pastorale del 1579, il 25 agosto, da parte  del delegato di San Carlo Borromeo, Vincenzo Antonio, ci rimane un’accurata descrizione della chiesa ed una pianta a penna della chiesa parrocchiale, chiamata chiesa di San Pietro.[1]

La Chiesa era larga 48 cubiti in totale, ossia 24 metri, lunga 30 cubiti, ossia  circa 15 metri; la navata centrale era larga 16 cubiti ossia circa 8 metri, le navate laterali 10 cubiti ossia 5 metri; la chiesa pertanto era più larga che lunga. Alla larghezza occorre aggiungere altri 10 cubiti ossia latri 5 metri, che corrisponde alla larghezza del campanile e della sacrestia vecchia, che si trovavano verso settentrione. La parte del presbiterio con l’altare maggiore aveva una profondità di 12 cubiti, ossia di 6 metri.

Attualmente le misure della nostra chiesa corrispondono esattamente alle misure di tale chiesa antica nella larghezza della navata centrale (7,30 metri) e delle navate laterali (4.50 metri); la lunghezza corrisponde invece alla distanza tra le colonne della prima arcata di fronte all’altare e le due colonne della 5^ arcata.

Inoltre la posizione del campanile corrisponde a quella dell’attuale campanile, la sacrestia vecchia a quella dell’attuale battistero.

Nella chiesa viene descritto l’altare maggiore, ovvero l’altare gestatorio, sul quale ogni giorno celebra la messa il Rev. D. HieronymusArmiraliusParochus et Praepositus; l’altare maggiore è posto nella cappella maggiore, volta ad oriente, non affrescata, ma imbiancata di bianco,

Unita alla cappella maggiore tramite la parete e a settentrione di essa (cioè a sinistra dell’altare maggiore) si trova l’altare della Beata Sancta Catharinache ha sopra hyconampulchramcumimaginibus B. Mariae Virginis, SanctaeLuciae, Sanctae Catharina, SSti Rochi et Josephi, ornatam cornici bus ligneissuperaureatis”.

Ci sono inoltre l’altare di San Zenone,a meridione, ossia a destra dell’altare maggiore, sul quale non si celebra, e l’altare di Santo Stefano.

L’altare di Santo Stefano è giuspatronato (Jurepatronus) della Famiglia Cribelli; l’altare è posto sotto una cappella quadrangolare, dipinta e “fornicata”, le cui pareti sporgono a occidente all’esterno della facciata principale della chiesa, verso il cimitero, che sta di fronte alla chiesa; la cappellania con i diritti ad essa connessi fu fondata nell’anno 1574.

Nella parte settentrionale della chiesa c’è una sacrestia sub arcu oriente versusche comunica con la cappella di santa Caterina tramite un passaggio verso la cappella maggiore: in questa sacrestia c’è anche un altare piccolo volto ad oriente poiché era un’altra cappella; da  questa cappella si apre verso settentrione una finestra con una grata in ferro, che potrebbe corrispondere a quella che ancora esiste dietro l’altare dell’attuale cappella del Crocifisso. Infine, dopo il campanile, c’è un’altra piccola sacrestia.

Sulla parete settentrionale della chiesa si aprono due finestre: una è quella della sacrestia suddetta, l’altra cumclatrisferreiset specularibus potrebbe quella che ancora oggi si trova sopra l’uscita laterale della nostra chiesa, verso l’Oratorio, sopra il passaggio accanto al campanile (vedi Pianta della Chiesa del 1579).[2]

  • Visita pastorale del 1685 del cardinale Federico Borromeo e l’altare alla B.V.

La chiesa nel 1685  è dedicata a San Pietro e a San Paolo [1] ed è stata ristrutturata: è larga 37 cubiti, lunga 40 cubiti.

La larghezza corrisponde a quella precedente in quanto si indicano 3 navate, anzichè 4 come nella relazione precedente, ossia non viene considerata “navata”, giustamente, quella corrispondente al campanile e alla sacrestia- cappella. Ai 37 cubiti citati occorre aggiungerne altri 10 della quarta navata citata nella relazione del 1579: si vengono così ad avere 47 cubiti corrispondenti ai 48 citati.

Anche la lunghezza corrisponde, se si aggiungono ai 30 cubiti i 12 del presbiterio in cui si trovava l’altaremaior della relazione del 1579.

In ogni caso si dice che l’antiqua structura instaurata est ab non multisannis.

Ci sono sette altari:maius in cuiusTabernaculoadmodum decoroex lignoaureisfoleislinitocolitur Snctis.maEucharistiaSacramentum; AlterumcornuEpistolaeB.V., TertiumDiva Catharina; quartumDivo Stephanodicatum; Quintum sub invocazione S.tiAntonii Patavini à cornu Evangeli; postremus in honorem Divi Caroli Pontificis”.???

 

L’Epístola viene letta o cantata sull’Altare in cornuepistolae, sull’angolo dell’epistola, cioè sul lato sinistro dell’Altare, cioè  a destra per il celebrante e per i fedeli che guardano.

Il Vangelo viene letto o cantato sull’Altare in cornuEvangelii, sull’angolo del Vangelo, cioè sul lato destro dell’Altare, cioè  a sinistra per il celebrante e per i fedeli che guardano.

Non  viene citato l’altare di San Zenone, gli altari elencati sono sei, potrebbero essere sette con l’Oratorio di San Giacomo, e sono posti tre a destra dell’altare (Beata Vergine, Santa Caterina e Santo Stefano), due a sinistra (Sant’Antonio e San Carlo).

 

Si continua osservando che “R. PrepositustenetursingulisdiebussabbatiMissam celebrare in Altare B.V. Mercedemaccipit ex agro perticar f. 12, apsignato à Jacobina Zecca.Nullumdocumentumfuitexibitum; verumasseritur ultra 40 annosPrepositum in pacificapossessione reperirifructus ex eo agro percipiendi.

 

Quindi nel 1685 esiste un altare della Beata Vergine, dal lato dell’alterumcornuEpistolae, ovvero nella parte sinistra dell’altare.

Da oltre 40 anni il Prevosto percepiva i frutti di questo giuspatronato grazie ad una certa Giacomina Zecca, pur non essendoci documenti che provano questo privilegio.

In ogni caso, molto probabilmente il giuspatronato dell’altare della Beata Vergine c’era già dagli anni intorno al 1640.

Nel medesimo documento si attesta che nella Chiesaera stato istituito il“SodalitiumSanctissimi Sacramenti, quodunitumfuitArchiconfraternitati in Basilica S.tiLaurentij in Damaso die 9 DecembrijAnno 1642, etde scriptum in Archivio Metropolitano die 28 septembris anno 1643.

L’altare di San Carlo era giuspatronato della famiglia Fagnani dal 1635.

La ristrutturazione della chiesa potrebbe consistere,in conclusione, non tanto in un ampliamento, ma nella istituzione di nuovi altari e nella creazione di nuove cappelle.

8.3.Visita pastorale del mese di aprile del 1734 e l’altare della Beata Vergine del Rosario.

 

Negli Acta et Decreta visitationis dell’anno 1734,[1] compare il decreto Ad altare B.M. V. de Rosario; nelle prime righe si richiede che sia continuato il telare ligneum ai lati dell’altare inferiore. Dopo aver raccomandato di riprendere la celebrazione delle messe sospese dal Rev. Presbitero Angelo Maria Corbelli, la relazione continua con tale affermazione: “AdestlegatumuniusMissaesingulisdiebusSabbaticelebrandae in hoc Altari fundatum super quadripretiaterraeCampi perticarumduodecimappellatum il Malnino ex disposizione  Jacobine Zone. Nullumdocumentumfuitexibitum, sed ex scripturisPrepositorumpredecessorumconstathuic legato per ipsossatisfactumfuisse ad ratamreditus Campi, et ita ab moderno Preposito satisfit”.

Rev. PresbiterMattheusGuzzettuscondiditLegatumMissarumquinquesingulishebdommadicelebrandam ad hoc altare, ut ex eius testamento rogato ad Domino Petro Pusterla publicoMediolaniNotario die 7 Junii anno 1709.”

 

Quindi c’era una disposizione secondo cui su questo altare doveva essere celebrata una Messa ogni sabato; il diritto era fondato su alcune pertiche di un terreno, chiamato il Malnino, secondo la disposizione di una certa Giacomina Zone, ovvero la medesima Giacomina che era citata nel documento del 1685. In seguito il Rev. Don Matteo Guzzetti fondò l’obbligo di celebrare una Messa ogni 5 settimane a questo altare, come si deduce dal suo testamento presso il notaio pubblico Pietro Pusterla a milano il 7 giugno 1709.

8.4.Visita pastorale del mese di maggio del 1734 di Pozzobonellie la cappella  della Beata Vergine del Rosario.