S. Pietro e il centurione Cornelio
Il primo affresco ci presenta un momento importante in cui si manifesta proprio l'universalità del Messaggio cristiano e della Chiesa: san Pietro, nella casa di Cornelio, battezza i primi pagani. Nell'Antico Testamento Dio aveva voluto che la benedizione del popolo ebreo non rimanesse esclusiva, ma fosse estesa a tutte le nazioni. Sin dalla chiamata di Abramo aveva detto: «In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» ( Gen 12,3).
E così Pietro, ispirato dall'alto, capisce che «Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga» (At 10,34-35). Il gesto compiuto da Pietro diventa immagine della Chiesa aperta all'umanità intera. Il primo papa è ancora un po' scettico nei confronti dei pagani e dei non ebrei e non comprende come le genti non appartenenti al popolo di Israele possano divenire membra della Chiesa di Cristo.
Pietro si sorprende dell'agire di Dio, a favore dei pagani. Lo Spirito Santo sorprende sempre, deve sorprenderci sempre, e ha diritto di sorprenderci. Difatti in questo episodio degli Atti tutto è orchestrato dallo Spirito Santo: la visione di Cornelio, la visione di Pietro, l'incontro di Pietro a casa di Cornelio, e il primo discorso di Pietro a Cesarea, dove avviene improvvisamente l'effusione dello Spirito, anche su dei pagani. Cosa che sconcerta tutti, compresa Gerusalemme, e Pietro deve giustificare a Gerusalemme quello che è avvenuto, cioè come Dio ha stracciato tutti i confini stabiliti dall'uomo.
Cornelio, anche se pagano, è simpatizzante del giudaismo, non conosce ancora Gesù di Nazaret, non ha nessuna esperienza della comunità cristiana. Ma ora il fatto che Pietro sia un giudeo e Cornelio un pagano e possano incontrarsi nel comune possesso della stessa umanità non è più motivo di discriminazione,. Questa è la base: se non siamo uomini, non siamo nemmeno cristiani. L'ingresso di Pietro nella casa di Cornelio segna l'inizio di una nuova fase della storia nella quale gli uomini hanno la possibilità di intrecciare rapporti di comunione con tutti, senza lo scrupolo di dover trasgredire una legislazione discriminante.
Quante norme oggi sono ancora discriminanti! Dopo l'esperienza di Cornelio per un giudeo che voglia avere rapporti con un pagano non sarà più necessario un intervento dello Spirito: perché qui è già intervenuto. Un altro elemento importante da rilevare è la marcata accentuazione della dimensione comunitaria dell'evento perché Pietro entra nella casa di Cornelio e così incontra tutti i suoi familiari riuniti con lui.
La salvezza che Dio offre agli uomini è la persona stessa di Gesù nella totalità della sua esperienza, del suo mistero. I cristiani di tutti i tempi non potranno mai staccarsi dall'evento-Gesù, senza compromettere seriamente la genuinità della propria fede.
Cornelio è il primo pagano che diventa cristiano, non perché convertito dagli uomini ma da Dio: questo è il fatto strepitoso che suscita lo stupore di Pietro, il quale deve semplicemente constatare che Dio "non fa differenze di persone". I giudeo-cristiani venuti da Giaffa con lui, sono meravigliati che anche su un pagano è stato effuso il dono dello Spirito, sarà poi la stessa comunità di Gerusalemme a riconoscere che Dio ha concesso anche che ai pagani la penitenza per la vita. Convertito da Dio, Cornelio è già un cristiano.
Tutta la storia di Cornelio è stata orchestrata dall'evangelista per mettere in risalto l'effusione dello Spirito Santo sui pagani. La pentecoste dei pagani avviene nella casa di un pagano, Cornelio. E questo per una iniziativa gratuita di Dio, anche noi dovremo sempre fare i conti con le iniziative gratuite di Dio, in tutti i tempi. È Dio che ha posto sullo stesso piano pagani e giudeo-cristiani. Attraverso il battesimo e la comunione di vita con i giudeo-cristiani i pagani hanno fatto il loro ingresso ufficiale nella comunità ecclesiale.
Riflessione
Anche nella nostra chiesa, sin dal suo ingresso, siamo invitati dal pittore a fare tutte queste riflessioni; il messaggio di salvezza è rivolto anche a noi, a tutte le genti e nazioni. Questa è l'universalità della Chiesa. Ma osservando meglio il centurione Cornelio non ci sembra di notare nel suo viso qualche particolare che ci ricorda un nostro amico o conoscente? Certo è così perché il pittore Marigliani si sarà ispirato a qualche contadino o artigiano del nostro paese.
E dunque anche noi ci ritroviamo protagonisti della nascita della Chiesa universale nella nostra chiesa parrocchiale.
S. Pietro a Gerusalemme
Il secondo affresco narra un episodio inserito nel punto centrale del racconto degli Atti perché ne rappresenta la svolta decisiva, quando cioè il collegio apostolico e presbiterale di Gerusalemme riconosce ufficialmente l'evangelizzazione dei pagani che è stata iniziata da Pietro, Barnaba e Paolo. In tal modo la Chiesa cristiana si svincola ufficialmente dalla sua matrice giudaica. Questo poi è anche l'ultimo atto di Pietro o del collegio apostolico che viene registrato da Luca; da questo momento i Dodici si separano e negli Atti si seguirà la missione di Paolo.
Ora torniamo al concilio di Gerusalemme, che sarebbe meglio chiamare "concilio apostolico", nell'intenzione di Luca dovrebbe equivalere a un incontro di apostoli del Signore e dei loro più stretti collaboratori, che mettono a confronto le loro esperienze di evangelizzatori, e prospettano di risolvere le difficoltà incontrate in maniera accettabile per i neoconvertiti: Giudei e pagani. Il conflitto scoppia ad Antiochia, dove si era instaurata la prassi di non circoncidere i pagani convertiti. Allora, alcuni Giudei divenuti cristiani, scesero ad Antiochia a rivendicare i pretesi diritti del giudaismo sul paganesimo, ponendo cioè, come condizione per l'accoglienza dei pagani, l'obbligo della circoncisione mosaica per essere salvati.
Queste dottrine erronee, quindi, sono l'occasione per il concilio di Gerusalemme ( circa l'anno 49-50), in cui la Chiesa, come si è detto, si stacca decisamente dalla sinagoga, dichiarando che per la salvezza eterna è necessaria e sufficiente la redenzione operata da Cristo. Una delegazione, presieduta da Paolo e Barnaba, è incaricata di presentare la questione agli "apostoli e agli anziani" della Chiesa di Gerusalemme. Forte della sua esperienza, Pietro interviene con un riferimento all'episodio della conversione del centurione pagano Cornelio e della sua famiglia, sui quali scese lo Spirito Santo prima che fossero battezzati. Non si deve quindi imporre ai credenti del vangelo, Giudei o pagani, il giogo della legge, poiché "noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro" (15,11).
Riflessione
Ora il pittore ci accompagna al primo Concilio della Chiesa, insieme a tutti gli Apostoli e con Paolo, perché noi, pagani convertiti e sui quali è stato effuso lo Spirito Santo, siamo stati scelti da Cristo, per la Sua grazia siamo stati salvati. Tutti e ciascuno di noi, con la nostra umanità, il nostro carattere, siamo stati purificati con la fede e formiamo la Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica.
S. Paolo all'Aereopago di Atene
Nel terzo ed ultimo affresco della navata centrale il protagonista è solo l'apostolo Paolo ad Atene. Paolo vi giunge per la prima volta verso l'estate del 50, a vent'anni dalla morte di Gesù. Egli proveniva dalla macedonia e aveva già soggiornato in varie città (Filippi, Tessalonica, Berea), suscitandovi piccole comunità cristiane, frutto del suo viaggio missionario in Europa.
Ma una città come Atene, con il suo glorioso passato politico e culturale, doveva costituire qualcosa di nuovo e affascinante. Qui Paolo stabilisce due punti di attività missionaria: la sinagoga e l'agorà (la "pubblica piazza"). L' Aereòpago era fuori delle sue intenzioni, e l'intervento al suo interno è stato occasionale. Nella sinagoga, che offriva un uditorio più ristretto, l'apostolo poteva rivolgersi in modo mirato agli Ebrei e ai "pagani credenti in Dio", cioè a coloro che erano idealmente vicini al giudaismo (vedi Atti 17,17).
Paolo invece dopo avere preso, come al solito, contatto con la comunità giudaica locale, tenta di agganciare direttamente la cultura ellenistica in un incontro divenuto giustamente famoso per il dialogo tra cristianesimo e mondo pagano. Paolo pertanto scende nella pubblica piazza di Atene, ove discute con i rappresentanti delle varie correnti filosofiche. Anche se storicamente l'atteggiamento di Israele verso i pagani può aver assunto forme di integrazione a vari livelli, resta però sempre un giudizio di fondo negativo, che li considerava come "un nulla" (Is 40, 17) o come "peccatori" (Gal 2,15).
Ebbene, questa "operazione culturale" attuata da Paolo è stata appunto quella di aprire il Dio d'Israele anche ai "pagani" e di ammetterli gratuitamente, cioè senza richiedere loro l'osservanza della legge di Mosè, ma proponendo la semplice fede in Cristo, non in base ai comandamenti formulati da Mosè, ma alle promesse fatte da Dio al Patriarca Abramo. Per questo Paolo si è sempre battuto per avvicinare i lontani (Ef 2, 13), per accogliere "gli altri", quelli cioè che erano religiosamente esclusi, per superare i molti recinti del sacro, della cultura, della razza, e persino del sesso (Gal 3,28), tutte barriere che egli sa ormai irrimediabilmente abbattute da Cristo.
Il suo discorso all 'Aereòpago rappresenta il momento tipico di questa "politica", che non ha la pretesa di strapparli allo loro cultura per imporgliene una nuova, magari antitetica, bensì adottando punti di vista della cultura altrui che possono valere come vera e propria preparazione evangelica.
Riflessione
Ora siamo ai piedi dell'altare, insieme all'apostolo delle genti ,di fronte al centro della nostra fede, il Mistero Eucaristico. Qui si compie la missione di Cristo e dello Spirito Santo, cominciata da Gerusalemme e diffusa con la predicazione degli Apostoli, "fino agli estremi confini della terra". Questa stessa missione continua nella Chiesa di oggi con la predicazione del successore di Pietro, il Papa, e dei successori degli Apostoli, i Vescovi, in comunione con lui; ed infine con i sacerdoti e con i fedeli nelle chiese parrocchiali come la nostra!
Martirio di San Pietro e San Paolo
Pietro accompagnò sempre il Maestro nelle sue predicazione e dopo l’ascensione di Gesù al cielo si ritirò a Gerusalemme con gli altri apostoli, ed erano assidui nella preghiera e nell’incontro con i fratelli. Pietro presiedeva le loro assemblee. Gli apostoli insegnavano al popolo e annunciavano la risurrezione di Gesù, irritando i sacerdoti del tempio. Pietro e Giovanni furono imprigionati, successe ancora altre volte e sempre un angelo del Signore aprì le porte del carcere o sciolse le catene che lo tenevano prigioniero. Pietro abbandonò Gerusalemme e si spinse nelle regioni del Libano, della Siria e dell’Asia Minore. Lo Spirito del Signore lo guidò fino a Roma.
La capitale dell’ Impero romano era una città cosmopolita, in cui razze e culture di ogni parte del mondo si incontravano senza capirsi. Lara presenza di Pietro diede nuovo vigore alla comunità dei cristiani. Egli unì nella comune fede in Gesù, credenti diversi per razza e cultura, ricchi e poveri, schiavi e padroni: nacque una civiltà nuova che si riconosceva nel nome di Cristo. Fu un periodo felice per la numerosa comunità cristiana di Roma.
Nell’anno 64, scoppiò improvvisa la follia sanguinaria di Claudio Cesare Nerone contro la vivace Chiesa che si era formata sull’esempio e la testimonianza di Pietro e di Paolo. Furono martirizzati migliaia di cristiani e Pietro finì nel carcere Mamertino; venne trascinato verso la via trionfale che conduceva al Circo del Vaticano, luogo di spettacolo e gare per le folle. Al termine delle gare aveva luogo un altro spettacolo, macabro e terribile: decine e decine di vittime cristiane venivano bruciate.
Anche Pietro fu steso sul palo della croce, ma chiese di esservi legato a testa in giù poiché si riteneva indegno di morire come il suo Maestro. Sentì avvicinarsi il momento in cui avrebbe incontrato di nuovo il Signore e ricordò le sue ultime parole: "Ecco: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio, tenderai le mani e un altro ti porterà dove tu non vuoi".
Morì sulla croce, come il suo Maestro; fu sepolto lungo una via laterale, ai piedi della collina del Vaticano. Sulla sua tomba ora sorge l’altare della Confessione, nella più grande basilica della cristianità, consacrata al suo nome: la Basilica di San Pietro in Roma. I Vescovi di Roma, successori di Pietro, posero la cattedra sopra il sepolcro dell’Apostolo e ne ereditarono l’autorità e la missione di guidare la Chiesa.
"Amen, amen dico tibi: Cum essere iuniur, cingebas teipsum et ambulabas, ubi volebas;
Cum auten senueris, extendes manus tuas, et alius te cinget et ducet, quo non vis".
"In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi". (Gv 21, 19)
Si definirà “Apostolo per vocazione” o “Apostolo per volontà di Dio“ (2 Cor 1,1): la sua conversione non era il risultato di uno sviluppo di pensieri, di riflessioni,ma il frutto di un intervento divino, di un’imprevedibile grazia divina. Da quel momento tutte le sue energie furono poste al servizio esclusivo di Gesù Cristo e del suo Vangelo. Ormai la sua esistenza sarà quella di un apostolo desideroso di “farsi tutto a tutti” (1 Cor 9,22), senza riserve. Dedicò se stesso a rendere noto il Vangelo, letteralmente “buona notizia” , cioè annuncio di grazia non solo per i Giudei o per un gruppo di uomini ma per tutti, perché Dio è il Dio di tutti.
Il punto di partenza dei suoi numerosi viaggi fu Antiochia di Siria, dove per la prima volta il Vangelo venne annunciato ai Greci e dove venne coniato anche il nome di “cristiani”, cioè credenti in Cristo; da lì egli puntò prima su Cipro e poi a più riprese sule regioni dell’ Asia Minore, quindi su quelle dell’ Europa. Nei suoi viaggi non mancarono difficoltà che egli affrontò con coraggio per amore di Cristo. Fu imprigionato, percosso, lapidato, battuto con le verghe, fece per tre volte naufragio e i pericoli arrivarono dai fiumi, dai briganti, dalle bestie e fu spesso in pericolo di morte. A Gerusalemme i Giudei sollevano un tumulto nei suoi confronti e il tribuno romano interviene incarcerandolo nella sua fortezza; viene poi trasferito a Cesarea dove Paolo per difendersi si appella al tribunale di Cesare. Non riuscendo a trovare verso di lui capi di accusa che meritino la pena di morte o le catene, viene poi trasferito a Roma. Il trasferimento in Italia avvenne dal settembre del 59/60 e fu alquanto avventuroso, Paolo e gli altri prigionieri sulla nave vengono travolti da un terribile uragano e la nave si arena sule rive dell’ isola di Malta. Miracolosamente tutti gli imbarcati riescono mettersi in salvo. A Roma rimane prigioniero per circa due anni in “custodia libera”, gli era cioè consentito di abitare in una casa vigilato da un pretoriano e di svolgere l’attività di un uomo libero. Assolto e prosciolto, poiché nessuno confermerà le accuse, probabilmente si recò in Spagna, estremo confine dell’ occidente. Tornò a Efeso e in Macedonia. Nel 66/67 è di nuovo a Roma, stavolta costretto in “custodia pubblica”, una forma di prigionia molto durache prevedeva l’incarcerazione insieme ai delinquenti peggiori, all’ interno di un pretorio romano. Desidero’ fortemente aver accanto a sé il suo discepolo prediletto, Timoteo.
La lettera ai Corinti di Papa Clemente Romano (96 d.C.) con numerose altre fonti posteriori, ci testimoniano che l’Apostolo delle genti, alla fine degli anni 60 (verso il 68), sotto Nerone subisce il martirio per decapitazione: quella di un civis romanus doveva essere eseguita fuori città e quella di Paolo avvenne sulla via Ostiense a tre miglia dalle mura, presso le Acque Salvie dove oggi sorge l’Abbazia delle Tre Fontane.
"Quo audito, centurio accedens ad tribunum nuntiavit dicens: ”Quid acturus es? Hic enim homo romanus est”.
"Udito ciò, il centurione corse a riferire al tribuno: “Che cosa stai per fare? Quell’uomo è un romano!”. (Atti 22, 26 )
"Et cum astrinxissent è un loris, dixit astanti centurioni Paulus: “Si hominem Romanum et indemnatum licet vobis flagellare?”.
"Ma quando l’ebbero legato con le cinghie, Paolo disse al centurione che gli stava accanto: “Potete voi flagellare un cittadino romano, non ancora giudicato?”.
L’affresco raffigura San Pietro e San Paolo nella Gloria del Paradiso, accolti dalla Madonna accanto a San Giuseppe e circondati dagli angeli. Sopra di loro Cristo, “dopo aver compiuto la purificazione dai peccati, sedette alla destra della Maestà, nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli, quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato” (Eb 1, 3-4 ).
Umberto Marigliani
Tutti gli affreschi della chiesa parrocchiale sono stati eseguiti a partire dal 1943 dal pittore bergamasco Umberto Marigliani e dai suoi collaboratori. Sorprende che un impegno così grande sia stato portato a termine durante gli anni della guerra, ma era così importante per don Antonio Banfi e per tutti i suoi parrocchiani rendere sempre più bella e preziosa la propria chiesa che ogni sacrificio divenne facilmente superabile.
Umberto Marigliani nacque a Bergamo nel 1885. Frequentò con ottimo profitto l’Accademia di Carrara, meritandosi innumerevoli riconoscimenti nel corso degli studi.
La sua intensa attività pubblica lo vede protagonista di opere di assoluto prestigio, un po’ ovunque. Citiamo: importanti restauri nella chiesa di Zendobbio, affreschi nelle parrocchiali di Sotto il Monte, Cenate, Pognano, Cusio, Capriolo, Pompiano, Piazzatorre, Genova, Spino d’Adda, Arenzano, Trescore, Orzinuovi, Bergamo, Riva di Solto, Lovere, Malpaga, Calcio, Sulbiate, Pompei, Redona, Ponte Mossa etc…
Il pittore morì a Bergamo nel 1960. Veramente apprezzabile la sua coerenza stilistica la sobrietà del linguaggio grafico-cromatico e, soprattutto, la profonda cultura teologica che gli ha consentito di interpretare il sacro con onesta cognizione di causa.
Testi a cura di: Silvia Carnelli e Gilda Vago
Fotografie: Roberto Angaroni